Cristina Zavalloni
Courtesy Barbara Rigon fotografa
Tutto il catalogo delle piste praticabili e praticate dalla poesia sonora trova in questa selezione il suo impiego più naturale e logico con due evidenti distinzioni.
La prima riguarda l’unicità di questa voce, versatile, duttile, flessibile e abile nell’impossessarsi visceralmente di qualsiasi tema essa stia affrontando. Non importa più di tanto il vestito che il corpo di questa voce debba indossare; che sia una canzone, un’aria da camera o una sperimentazione fonetica-rumorica conta poco, conta che la sua armonia timbrica possa espandersi librandosi come le bianche ali di una farfalla in volo. Ascoltandola viene in mente l’imprevedibilità della Pieris rapae che fluttua zigzagante in ogni direzione, accanto a quel pizzico di rapacità che ci porta via sulle onde delle sue vocalità. Indubbiamente il suo è un canto che non disdegna però improvvise virate sullo scat, il nonsense, lo scioglilingua fino al sussulto onomatopeico. In questo senso, durante tutta la sua carriera è andata via via affinando lo strumento vocale fino a renderlo completo e in grado di cimentarsi in qualsiasi contesto.
Il secondo distinguo contempla il rapporto con la musica che spazia dalla lirica al jazz, dall’accompagnamento sia esso sperimentale che classico. Quindi, a differenza di quello che succede in poesia sonora, abbiamo dichiaratamente una partitura musicale enunciata, ma il flusso parlato o gorgheggiato è tale che la musicalità viene dolcemente travolta davanti all’imponenza protagonista dello stesso aspetto fonico. Continua pertanto la tradizione dei lieder, del madrigale e di certa lirica (Wagner soprattutto, ma anche Mozart), dove la musica in qualche modo doveva essere al servizio del testo. Ricordo sempre con piacere una dichiarazione del maestro Claudio Abbado che prima di eseguire un lied di Schumann assicurava tutti di tenere a bada l’orchestra per non deturpare il testo di Goethe. La bellezza, tuttavia, della voce di Cristina raggiunge un livello che anche in assolo regge il peso dello spettacolo, si ascolti Black is the color ed anche laddove si relaziona alla musica si avverte la netta prevalenza testuale.
Infine, a proposito di testo, l’ultima considerazione va svolta sui diversi registri linguistici adottati. Come la tonalità varia in continuazione, così la lingua può affidarsi alle parole come ad esclamazioni, a tratti affiora anche un grammelot con virate spesso francesizzanti e talora anglofile come nell’esemplare Letter from Cathy dove la speranza di noi tutti fa sì che ci si indirizzi verso a better world.