Allen Ginsberg
Photo: Michiel Hendryckx, via Wikimedia Commons
È il reading in carne e ossa, lo inventa, lo organizza e lo pratica all'oramai celebrato The Cellar di San Francisco; ancor prima d'esibirsi ha già capito a fondo il verso-respiro di Whitman, e frequentando William Carlos Williams ha compreso l'importanza della lingua parlata, o forse la stessa lezione del Taj Mahal, la grande gara musulmana d'improvvisazione di poesia ha lasciato il segno, quindi il salto in performance è logica conseguenza di simili premesse. Dotato di una voce baritonale di grande presenza scenica, riusciva a intrattenere per ore l'audience. Non si può dire che scrive per declamare, come nel caso di Giorno, però sceglie un linguaggio molto sonoro che arriva a destinazione anche quando il pubblico ignora la lingua inglese. Lui stesso prima di questa lettura, dichiara che farà un reading molto sonoro per superare appunto le barriere linguistiche attraverso la purezza dei suoni ancorché legati alle parole.
La sua discografia è sterminata, però a noi pare che gli esiti migliori sono raggiunti quando intona con la sua viva voce questo Urlo, senza appendici musicali, come commovente denuncia sociale, non dissimile da quella operata, in maniera del tutto diversa, e più o meno in quegli stessi anni, dall'ultralettrista Dufrêne.