Luis Bravo
Courtesy Festival Internacional de Poesía de Medellín.
Descubrimiento del fuego è un’improvvisazione su un testo storico di Clemente Padin, già inclusa in questo archivio, la versione che qui si presenta amplia ancora una volta il rapporto con la musica, in questo caso un basso in assetto da assolo jazz. Ciò dimostra che a volte la rarefazione fonemica del tessuto linguistico riesce a tener a freno l’invadenza musicale, infatti la scelta di utilizzare gargarismi, lacerti sillabali, gutturalismi o sporcature palatali funziona a meraviglia in questo che può ben definirsi una cover. Ho sempre pensato che fosse difficile improvvisare in tema di poesia sonora, questo pezzo sembra contraddire la regola.
Luis Bravo appare come ossessionato da questa poesia, dichiara infatti nel 2021. « Cada vez que la ejecuté tomó derivas fónicas insospechadas, siendo yo mismo, como performer, el primer sorprendido. La voz por momentos actúa por sí misma llevada por el influjo que encienden los fonemas». Oltre ad averla interpretata per la prima volta nel 1989, è andato via via confrontandosi con questi estreme stilizzazioni fino a farle proprie, si potrebbe scomodare il facile parallelismo con l’attore che a forza di recitare un ruolo, diventa lui stesso quella parte. Infatti nella esecuzione a viva voce del 2010, quella che io preferisco, si affida a pura vocalità per allargare lo spettro delle significazioni che diventano asserzioni fonetiche di valore assoluto. Qui passa in rassegna tutta la gamma tipica della più pura poesia fonetica.
Claraboya sos la luna qui antologizzata nella versione registrata sia in studio che in quella dal vivo per mettere ben evidenza come le performance live comportano sempre quel quid che le rendono uniche, si tratta dei noti valori fatici che creano quell’humus speciale, irripetibile. Il testo non si discosta molto da uno lineare, anzi stiamo ascoltando una poesia ben interpretata con i toni giusti a sottolineare i passaggi cruciali dati dal senso dei versi, come succede per esempio nel finale dove l’ultima stanza si chiude con l’urlo che il tifoso di calcio libera a squarciagola quando la squadra del cuore segna un gol: pa mi la luna / es una pelota entrando al arco / iris o no iris / por eso / la grito como a un gol. Infine, Congo Boreal, creata partendo da una poesia inedita di un giovane poeta morto e performata in duetto con Héctor Bardanca a varie riprese nella movida contracultural di Montevideo negli anni1989-1994, ritorna all’alveo madre della poesia sonora, soprattutto facendo leva sulla ripetizione che consente di annullare il senso e nel contempo di suggerirne di nuovi.