Frédéric Acquaviva
Courtesy Discogs.
Sarebbe interessante ascoltare x, 4, 3 ignorando il titolo per capire se i suoni sanno connotarsi da soli e trasmettere quelle sensazioni che la musica sinfonica ha ampiamente dimostrato di essere capace. Il suono non è mai neutro, qui si odono una serie di ciak prodotti da schiaffi sulla pelle umana, mi sovviene una nota performance di Philip Corner che faceva risuonare il proprio corpo battendolo come fosse un tamburo. Poi qualche ansito con interventi elettronici che amplificano una tensione palpabile. Il pezzo risulta già abbastanza definito, basterebbe captare l’unica frase ripetuta più volte «je suis masochiste» per immaginare l’azione in atto, l’acronimo BDSM del titolo sta per bondage dominance sadism masochism ovvero bondage dominanza sadismo masochismo. Il brano si impone per coerenza e fervido controllo di tutti gli elementi compositivi, l’autore non si lascia prendere la mano né dal ritmo delle frustate né dalla grancassa delle botte, e riesce a confezionare un prodotto che, pur basato su tematiche estreme, prospetta con freddezza un’inaspettata melodia del contesto, frutto soprattutto di una sapiente maestria tecnologica. Coma affronta a viso aperto il delicato rapporto voce-musica, a volte un dualismo, a volte una simbiosi. Nella poesia sonora e anche nella nostra polipoesia la musica viene relegata in una posizione secondaria, come nei Lieder. In questo brano c’è un dosaggio molto equilibrato, un lungo inizio parlato sotto forma di dialogo con il tic tac della macchina da scrivere e la musica, assai rarefatta ed acuta, prende a poco a poco il sopravvento per svolgere il tema dell’essere in coma. La perdita della coscienza e della sensibilità viene resa con un lento ma inesorabile crescendo dove le 16 chitarre risuonano all’unisono e infatti «quando le chitarre elettriche sono al massimo, possiamo sentire tutti i suoni dell’universo» (Iannis Xenakis).