Jaap Blonk
Harald Krichel, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Dotato da madre natura di una voce possente, dote che ha accuratamente coltivato accudendola con maniacale attenzione, aumentandone il potenziale anche con studi impostati; tutto ciò, tuttavia sarebbe inutile se non ci fosse stato uno studio dei materiali sonori, e una presa di coscienza profonda su quanto è successo in poesia sonora e su quanto stava succedendo.
Proveniente da esperienze prettamente musicali, è stato probabilmente l'incontro con Schwitters a spingerlo definitivamente verso la poesia sonora. Cura la voce come una madre il proprio figlio, o come il musicista il proprio strumento, e la sfodera in performance come un guerriero sguaina la spada, brandendola nell'aria e facendola sibilare.
Abbiamo avuto spesso la fortunata occasione di performare insieme sui palchi di mezzo mondo, e tutte le volte il cerimoniale della sua voce puntualmente si ripete; la sua voce riempie davvero la scena, non esistono suoni o fonemi, ma la sua voce, la vocalità nel suo caso, voce come oggetto della performance, voce fisica, concreta, voce anche come arma offensiva, infatti, durante una serata a Maastricht, quando uno spettatore lo importunava provocandolo platealmente, ebbene lui cominciò ad alzare i toni vocali, ad inspirare sempre più aria, per emettere ondate sonore sempre più travolgenti, non erano urla qualcosa di più, boati, deflagrazioni sonore miste a schizzi di saliva, direzionate verso quel povero spettatore, impossibili da reggere al punto che il malcapitato dovette abbandonare la sala.