Antonio Russolo
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La batteria di intonarumori basta (e avanza) per mettere in scena un concerto, Luigi Russolo lo ha ampiamente dimostrato durante le serate futuriste. Antonio, suo fratello, che ha contributo sia alla costruzione delle suddette macchine che alla stesura del manifesto L’Arte dei Rumori, tenta un’operazione ardita con questo Corale e Serenataperché accoppia alla classica orchestrazione sinfonica il completo assortimento azionato artificialmente dalle ventole dei macchinari in legno. In un’epoca non sospetta, dimostra che la tradizione musicale può e deve essere utilizzata nella sua forma cambiandole però il contenuto, questo il senso neanche tanto recondito del Corale nel titolo, tale intuizione verrà sfruttata a pieno da Schwitters nella sua nota Ursonate soltanto l’anno dopo. La vera novità di questo connubio consiste nell’aver sperimentato con successo un dialogo tra pratiche antitetiche, si potrebbe proprio dire che gli estremi si toccano. Risulta paradossale in tale unione il fatto che c’è da una parte una strumentazione orchestrale basata sulla scala delle note e dall’altra uno stuolo di stridori frutto di improvvisazione e di manualità, ricordo per inciso che ogni intonarumore può variare solo la velocità d’esecuzione. Antonio Russolo sfrutta fino in fondo un’idea che già Mahler nella sua Sinfonia n.7 del 1909 aveva anticipato inserendo il suono dei campanacci. A ben vedere si tratta di un intervento naturale dentro una partitura codificata, l’imprevisto, l’inconsulto che incuneandosi finisce per modificare anche i parametri di ascolto.